La storia comune di Gustìn Rossi da Nascio

 



Questa è la vicenda di uno dei tanti Internati Militari Italiani, ossia dei soldati deportati nei campi di concentramento e di lavoro nazisti, dopo l’8 settembre del 1943. Narrata in Appunti di Viaggio (Oltre Edizioni 2012), l'ho riproposta, insieme alle foto, in altre occasioni. Si tratta della storia del tutto comune di Agostino Rossi, originario di Nascio, in Val Graveglia. Linda e Gustìn si sposano il 9 ottobre del 1937, lei ha 39 anni, nubile d’età avanzata. Ha curato ed accudito sua madre fino alla morte, nel gennaio dello stesso anno.  Lui ha compiuto da poco 24 anni, ma ha già dato anni di vita all’Italia fascista.  Ha fatto il servizio di leva nel 1934, e al momento dell’arruolamento “manca, senza giustificato motivo, del requisito dell’istruzione paramilitare”. Richiamato alle armi, parte per la Libia nel 1936. Rientra dal porto di Derna il 28 agosto 1936 e viene congedato a settembre. Un anno dopo si sposa con una donna decisamente più vecchia, che vive con il padre e con una sorella malata, ma ha casa e tanta terra da gestire e coltivare. Il comune di Ne fa dono agli sposi di un libretto, con le disposizioni del diritto di famiglia e gli spazi per registrare le nascite e le morti. Tutte pagine che rimarranno bianche. 

Nel giugno del ’40 l’Italia fascista entra in guerra, ma i giovani sono già stati richiamati dai campi e anche la nuova vita matrimoniale di Agostino è sospesa. Lo stato si prende apparentemente cura del fante Rossi Agostino fu Cesare e di sua moglie. Il 1 settembre del 1939 assegna alla moglie Rossi Adelaide di Pietro il libretto per la riscossione del soccorso familiare giornaliero. Sono 6 lire al giorno, poi portate a 8 e versate ogni quindici giorni all’ufficio postale di Piandifieno. Agostino viene mandato in Albania nel 1941 e dopo l’8 settembre viene fatto prigioniero e deportato a Schleswig, nella Germania settentrionale, nel Campo di lavoro 1470 dello Stammlager XA. Nel dicembre del 1944, l’Ufficio prigionieri e dispersi del Comando militare di Genova rilascia ad Adelaide, vulgo Linda, la “tessera per la riscossione delle anticipazioni”. Lei rinnova la carta d’identità della Repubblica Sociale Italiana e ritira regolarmente il suo sussidio di 120 lire, fino all’agosto del 45, quando le saldano 760 lire. 

Ogni tanto arrivano le cartoline spedite dal campo di concentramento: la corrispondenza dei prigionieri di guerra. Il 24 aprile del ’44, Agostino scrive di aver ricevuto lettere da Linda a febbraio e, nuovamente a marzo. Agostino chiede di sapere con chi si è fidanzata la sorella Ortolina. Pochi giorni dopo, a maggio, scrive nuovamente. Dice di trovarsi “in buona salute”. Ovviamente è quello che si può scrivere in una cartolina di prigionia, con un bel timbro ad inchiostro nero che reca scritto “Verifica per censura”. Agostino fa ritorno a casa nell’agosto del 1945, arriva a Nascio che è già notte. In paese si fa subito gran festa. Il vecchio Pietro Rossi si è già coricato, ma sente rumore, si sveglia, scende in piazza. Lo riconosce, si toglie gli occhiali e piange, ché quel genero soldato se lo vede finalmente tornare a casa. Agostino - questo è un mio ricordo - parla malvolentieri della guerra, accenna a quelli che non sono tornati e inizia a piangere ogni volta che ricorda il campo di lavoro in Germania. Tornato a casa dalla prigionia, mangia in un solo pranzo più di 100 ravioli, e questo è il ricordo che decide di consegnare a tutti e per sempre. Rientrato a casa ricompone la sua vita. Ha trentatré anni e ne ha trascorsi dodici quasi sempre lontano da Nascio. 

La foto fatta a Chiavari da Mariuccia nel giugno del ’46 ce lo mostra fiero, con i baffi ben scolpiti dal barbiere e i capelli ordinati di brillantina. Quello stesso anno, a ottobre, si iscrive all’Ufficio di collocamento. Risulta reduce di guerra e bracciante agricolo. Lavora all’estrazione del marmo rosso di Nascio, nella cava vicino al paese. La ditta cambia spesso ragione sociale. Dal 58 al 64 si alternano Cave Rosso di Nascio, Emilio Carmassi, Dinmar, Emasol, l’Industria Ligure marmi e nel 1964, la Campidoglio di Queirolo Andrea. Trascorre altri trenta anni, coltivando la terra della Mandrella e delle Vigne, curando gli olivi e tagliando la legna nei boschi delle Campue. Linda, rimasta vedova, oltrepassa i cento anni, avendo consumato tutta la vita nello spazio di un piccolo paese della Liguria montana. 

Ho ricostruito un po’ della storia di Agostino, per me Gustìn. Le poche foto e il mio ricordo di ragazzo mi riconsegnano gli zii di Nascio, così lontani per età, lei con una vita iniziata a 39 anni e subito interrotta dall’attesa della guerra, lui con la Libia, l’Albania e il Campo di concentramento in Germania. La deportazione e la prigionia in Germania avevano piegato la dignità e l’orgoglio. Era tornato in un Italia liberata da altri, ed era una storia di cui non si sentiva protagonista. A distanza d’anni mi rendo conto che Gustìn, con le lacrime e i suoi famosi 100 ravioli aveva, infine, personalmente negoziato la memoria della deportazione e dell’umiliazione. La sua reazione alla fame e alla sofferenza di guerra era ricordare a tutti soltanto il giorno del ritorno a casa, quando finalmente aveva mangiato a sazietà.




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